di Veronica Ferretti – Irrefrenabile come sempre, il famoso critico d’arte Vittorio Sgarbi ha scelto che per annunciare i suoi spettacoli teatrali in omaggio al genio di Leonardo da Vinci, nell’anno delle celebrazioni per i 500 anni dalla sua morte, fosse un manifesto nel quale la Gioconda compare con il suo volto, un ready-made rettificato alla maniera dell’artista dadaista Marcel Duchamp al quale si deve la versione di una Monna Lisa (L.H.O.O.Q. del 1919) modificata con tanto di baffi e di pizzetto.
Dopo aver portato in teatro un pubblico sempre più numeroso – come già fatto con le magistrali perfomance sull’arte di Caravaggio e di Michelangelo – ecco lo spettacolo intitolato “Leonardo di (e con) Vittorio Sgarbi” che per la durata di quasi tre ore egli sta portando su e giù per l’Italia (le tappe di luglio saranno a Verbania, Varallo e Cotignola di Ravenna, quella di agosto ad Orbetello e per settembre alla Normale di Pisa) narrando alla sua maniera – sollevando cioè enigmi, confronti e misteri per poi farne l’analisi acuta e profonda di chi come lui proviene dalla scuola di Longhi – alcune delle opere più rappresentative del “genio imperfetto” che a Vinci ebbe i natali.

Più che una provocazione, l’idea di Sgarbi sembra una immedesimazione, per eccesso d’amore, nella Gioconda, opera irripetibile del genio artistico dell’Italia, ma anche simbolo universale del mistero rappresentato dalla presenza della donna nella vita del mondo. Non solo, essa, al di là d’essere Monna Lisa Gherardini, presa semplicemente a modello per le sue sembianze fisionomiche, e d’essere poi diventata un’icona inconfondibile, potrebbe perfino celare i lineamenti del volto dello stesso Leonardo da Vinci.
Una studiosa americana, Lilian Schwartz, già nel 1987 dimostrò che i lineamenti del volto della Gioconda e quelli del celebre autoritratto di Leonardo erano perfettamente sovrapponibili. Trattasi di una teoria che, dopo essere stata comprovata da altre elaborazioni a computer e da una dettagliata e puntuale analisi, vede oggi finalmente la luce in una pubblicazione internazionale, con contributi di Renzo Manetti studioso di iconologia e Alessandro Vezzosi del Museo Ideale di Leonardo, da titolo “Leonardo’s hidden face” edita da Polistampa.
Una simile identificazione – quella di Leonardo da Vinci nel viso della Gioconda, non quella di Vittorio Sgarbi nel ready-made che annuncia i suoi spettacoli d’arte –avrebbe le stesse motivazioni che secoli prima avevano ispirato il rapporto tra Dante e Beatrice. Allo stesso modo di Beatrice, che per molti critici rappresenta l’alter ego spirituale di Dante, anche Monna Lisa sarebbe l’immagine dell’intelletto di Leonardo e spiegherebbe perché egli vi abbia lavorato a più riprese in diversi anni fino a portarla con sé a Parigi dove la trattenne il dipinto fino al giorno della sua morte.
D’altra parte, lo studio della filosofia occulta che si sarebbe celata nei versi di Dante Alighieri era tornata ad essere, al tempo di Leonardo, una pratica costante nei circoli umanistici fiorentini e il fatto stesso di farsi ritrarre in vesti femminili rispondeva a certi dettami del simbolismo ermetico molto diffuso nel Cinquecento.
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