di Vasco Ferretti – Concludiamo la pubblicazione della serie ‘In morte della poesia e dei poeti’ di epigrammi dedicati a grandi lirici e narratori europei indicando per ciascuno la data della scomparsa che qui si intende commemorare.
Wysten Auden (29 settembre.1973)
La poesia non determina niente.
Sopravvive alle città in cui esuli
e feriti nell’animo viviamo.
Prendete Wysten Auden
fuggito da New York per rifugiarsi,
un anno prima di morire a Vienna,
esule nel cottage a Kirchstetten.
Come saluto per l’anno nuovo
ed inventario della propria vita
scrisse ‘Epistula’ a un figlio mai nato ‘,
felice, così disse, di averlo risparmiato
dai giorni della Apocalisse.
Franz Kafka (3 giugno1924)
Senza la poesia non un segno del dolore
dell’uomo sopravvive. Senza Kafka
e la ‘Metamorfosi’ dell’ebreo in insetto
niente presagi dell’avvicinarsi
dell’Olocausto ad Auschwitz-Birkenau..
Franz subì l’avversione di un padre
inetto, ma desistette dal gettarsi al fiume
come Georg fin quando non morì
per un cancro alla gola in sanatorio.
Vladimir Majakovskij (14 aprile 1930)
La poesia resiste mille e più anni
ai destini più avversi, ma come l’amore
s’infrange contro il male quotidiano.
“Questo presente ipocrita e inetto,
disse Majakovskij sparandosi al petto,
è così insopportabile e orrendo”.
La bella Lilja Brik aveva respinto il suo amore.
La Rivoluzione russa aveva perduto
il suo più grande cantore.
Dylan Thomas (9 settembre 1953)
Era settembre del ’53 quando a New York,
accorsa al Saint. Vincent Hospital
per salvare la vita dissipata di Dylan
agonizzante di delirium tremens,
disse Caitlin, la consorte,
“E’ ancora vivo quel dannato aninale ?”.
Quel nome, Dylan, non significava
principe delle tenebre, ma figlio marino
dell’onda. Per questo vivevano, a Laugharne,
in una casa aggrappata a rocce impervie
a picco sopra un mare tempestoso
come la loro vita coniugale.
Samuel Beckett (22 dicembre 1989)
Ricordate quel ‘Finale di partita’
che scrisse Samuel Beckett mostrando
alla morte il suo profilo d’avvoltoio
rapace alla maison Tiers Temps ?
Con la grafia del ragno e con lo spasmo
dell’enfisema che lo soffocava, diceeva:
“Non so cosa né come né perché
ma dico ancora e lo dirò in eterno
quanto sia spaventoso e sconvolgente
il fallimento della vita umana”.
Ovidio e Virgilio
Ricordiamoci Ovidio destinato a morire
in esilio per decreto di Augusto
che lo aveva punito così tanto
per essersi sottratto coram populo
dal difendere costumi disonesti.
E Virgilio che, morente per un colpo di sole,
implorò gli bruciassero l’Eneide.
Ma i suoi compagni gli disubbidirono
e, non si sa se per obbligo o timore,
a eterna gloria della Gens Iulia,
lo portarono ad Augusto imperatore.
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