Dopo quella di Michelangelo alle Cappelle Medicee di San Lorenzo a Firenze, l’arte di fotografare l’arte di Aurelio Amendola incontra il massimo esponente europeo dell’arte barocca, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680). Lo straordinario architetto, scultore, urbanista, scenografo e commediografo seppe realizzare capolavori assoluti e rappresentare con straordinari artifici prospettici, sia miti pagani che figure della spiritualità cristiana. Ma forse il merito più grande, universalmente riconosciuto al suo Genio, sta proprio nel fatto che seppe esprimere nelle sue opere l’energia del movimento e l’emozione dei sentimenti.
Per dare un’idea di quale effetto esercita la fotografia di Amendola nell’arte di riscoprire, e per certi versi reinterpretare la scultura, basterà limitarsi a rivisitare alcuni fra i tanti capolavori del Bernini per sottolineare in ognuno di essi un elemento espressivo che ogni volta si rivela sotto forme estetiche diverse che parlano di sensualità, di bellezza, di maestosità, di energia e sentimento.
Così è in piazza Navona a Roma per la Fontana dei Quattro Fiumi dove le personificazioni del Nilo, del Danubio, del Rio della Plata e del Gange si fonde, assieme a piante e figure di animali, in una straordinaria e possente armonia di forme in movimento. Nella transverberazione, conosciuta come l’Estasi di Santa Teresa d’Avila, la freccia infuocata scagliata dall’angelo sulla Santa in estasi illumina il modellato pieno di sfumature con una luce caldissima che imprime al corpo una folgorante sensualità. Non da meno sono l’energia e la carica espressiva che Bernini ha reso nei gruppi scultorei di Apollo e Dafne, Enea Anchise e Ascanio e nel Ratto di Proserpina ma anche nel David o in Anima Dannata.
Per saperne di più sull’incontro tra il genio di Bernini e il maestro della fotografia, abbiamo posto alcune domande ad Aurelio Amendola presso il suo studio pistoiese.
Veronica Ferretti
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